domenica 5 luglio 2015
Lettura del Vangelo secondo Matteo (11,27-30)
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Gesù registra nella sua missione un fallimento:
il suo predicare il Regno di Dio e i segni operati per renderlo sperimentabile
e usufruibile non sono né capiti, né accolti, anzi ostacolati.
Gesù se ne addolora sì, ma confessa la sua
fedeltà a realizzare il progetto di amore del Padre in questo significativo
dialogo-preghiera: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra”.
Le sue parole e i suoi gesti messianici che
fanno "conoscere", sperimentare, che rivelano l'amore di Dio-Padre
per tutti gli uomini sono percepiti tali solo da coloro dal cuore semplice,
mite, umile come il suo cuore e restano “enigma” per coloro dagli schemi
mentali chiusi in una sapienza e intelligenza che non sa ri-conoscere e
stupirsi dell'amore fantasioso e imprevedibile di Dio.
Una testimonianza di questa verità evangelica è
proprio l'unione coniugale.
Essa resta “enigma” per coloro che la
interpretano come un “giogo” che limita le proprie eccitazioni dei sensi, le
proprie fantasie erotiche, le proprie prepotenze sul partner (considerato
oggetto solo di piacere), le proprie pulsioni che “consuma” e distrugge
il partner. L'unione sponsale così intesa da una sapienza e intelligenza umana
(meglio dire, più giustamente, inumana,) è certamente pesante, dal quale
liberarsi il più in fretta possibile per trovare un altro partner-oggetto più
confacente alla propria egoistica visione della vita.
La nostra unione sponsale, consacrata nel
sacramento del matrimonio è stata una assunzione dell'Amore di Gesù quale “giogo”
liberamente accettato come dono per imparare da Lui, umilmente e con mitezza ad
amarci come Lui ci ama, nonostante tutte le nostre fragilità e debolezze.
Uniti sotto il “giogo” dell'amore di Gesù e ammaestrati
e guidati con redini di tenerezze dalle sue mani che portano i segni dei chiodi,
tracciamo solchi di amore nel campo che è il mondo perché avvenga una
seminagione di amore sponsale quale dono reciproco tra due soggetti che vivono
la loro intimità sessuale come dono, come “liturgia dei corpi” (magnifica
intuizione di San Giovanni Paolo II).
Lo stare insieme, il dedicarsi tempo ed energie,
il donarsi anime e corpi in un bel dialogo d'amore è riposante perché è l'Amore
a rendere tutto leggero e soave.
Noi, nella preghiera, attingiamo come Gesù la
forza dell'umiltà e la docilità del cuore, la forza di prendere su noi il “giogo”
dell'Amore, per essere roveti ardenti dell'Amore di Dio che non si consuma
mai.